I container informatica sono una risorsa molto utile e vantaggiosa che nasce dalla virtualizzazione server e che offre alle aziende un approccio totalmente nuovo per lavorare in ambito IT.
Come i classici container che trasportano merci via nave, anche i container informatica si spostano in diverse direzioni impacchettando le applicazioni ed estrapolandole dagli ambienti di esecuzione.
Come funzionano nel dettaglio? Quali sono i vantaggi che possono portare in azienda?
Vediamo i dettagli in questo articolo.
Indice dei contenuti
Cos’è un container informatica?
Un container è un ambiente software dove sono isolati processi e applicazioni, in modo da virtualizzare solo lo spazio utente e non l’intero hardware.
Lo steso nome container, infatti, indica proprio una sorta di contenitore che raggruppa e isola codice software e tutti i relativi componenti necessari – quali librerie, framework e altre dipendenze.
È una tecnologia che nasce quindi dalla virtualizzazione e rappresenta un’ottima soluzione per evitare di usare un’intera macchina dando vita a un contesto di esecuzione limitato, veloce, facile da usare e con un alto livello di astrazione.
Può essere definito come una sorta di server virtualizzato a livello operativo e ha la caratteristica di risultare estremamente portatile ed estremamente modificabile con semplici mosse in base alla necessità.
Sfruttando un approccio basato sui container, si crea un ambiente facilmente trasferibile che esegue le applicazioni in sicurezza senza preoccuparsi dell’ambiente esterno.
Il software risulta indipendente dall’hardware e tutto ciò che supporta l’ambiente non è virtuale ma reale e condiviso fra tutti i container in esecuzione.
I container si rivelano così un’ottima alternativa al coding in un sistema operativo o in una piattaforma nei casi in cui il codice risulti non compatibile con il nuovo ambiente e il trasferimento dell’applicazione si dimostri difficile causando di bug, errori e altre difficoltà.
Container informatica: un’analisi delle caratteristiche
Come è già stato anticipato, i container nascono dalla virtualizzazione e sono infatti delle istanze runtime di immagini software, ovvero di pacchetti autonomi ed eseguibili in cui è presente tutto il necessario per eseguire il software.
Virtualizzano solo lo spazio utente e creano ambienti isolati l’uno dall’altro.
A differenza delle macchine virtuali, però, i container condividono alla base lo stesso sistema operativo e il kernel, ossia il nucleo del sistema operativo stesso, ed è quindi difficile ritenerli entità a sé stanti tra loro.
La containerizzazione può quindi essere considerata come una versione migliore e più innovativa della virtualizzazione, perché offre un deployment semplificato inserendo le applicazioni in singoli componenti distribuibili e configurabili con una sola linea di comando.
Astraendo solo il sistema operativo e non l’intera macchina, la disponibilità è più veloce di una macchina virtuale e suddividendo le risorse in microservizi il controllo risulta più agile ed efficace.
Come creare un ambiente isolato
Ciò che contraddistingue un container è l’essere un ambiente di esecuzione delle applicazioni personalizzato e isolato dal resto del mondo.
Come si può crearne uno?
La prima cosa da fare è selezionare le cartelle contenenti i file che potrebbero servire alle applicazioni da eseguire e indicare loro un determinato percorso: così facendo si crea un contesto e lo si può fare anche con delle cartelle vuote.
I file presenti nella cartelle saranno poi accessibili liberamente e potranno essere gestiti in autonomia nel nuovo container.
In questo modo l’ambiente di esecuzione risulta incredibilmente personalizzato, adatto a contesti applicativi specifici e alle applicazioni contenute all’interno.
Questo concetto è molto utile per implementare un’architettura a microservizi, dove sono presenti tanti piccoli e diversi ambienti di esecuzione destinati ad applicazioni differenti.
Una tecnica usata per diversi modelli di sviluppo software.
I punti chiave per creare un container, quindi, comprendono due fasi:
- Nella prima fase si prepara e personalizza l’ambiente di esecuzione, predisponendo l’ambiente di lavoro e creando le immagini desiderate che pongono le basi per l’applicazione da eseguire.
- Nella seconda fase si avvia il containergrazie alle immagini precedentemente configurate. In caso vengano apportate delle modificate in ambiente runtime, queste influiranno solo sul container e non sulle immagini usate.
I principali vantaggi di questa tecnologia
Adottare i container è una soluzione davvero preziosa per un’azienda, che può contare così su diversi vantaggi.
Optando per questa tecnologia, infatti, si può:
- beneficiare di grande autonomia
- condividere il kernel del sistema operativo dell’host
- disporre di numerosi container sul proprio dispositivo per avere a disposizione un ambiente di test o di deploy adatto a ogni singola applicazione da sviluppare
- contare su rapidità di avvio
- eseguire sui propri device le virtual machine
- sviluppare in maniera indipendente un’infrastruttura a strati con interazioni facili e dirette tra i differenti livelli
- eseguire applicazioni su diversi host grazie alla portabilità e alla consistenza del formato
- gestire con facilità dei cicli di rilascio delle applicazioni
- ottenere componibilità di tutti i sistemi applicativi, in particolare quelli open source
- programmare test giornalieri a costi contenuti
- affrontare meno spese negli ambienti di sviluppo
- contare su maggiore sicurezza nello sviluppo del software
- svolgere facilmente interventi di manutenzione
- migliorare la distribuzione delle applicazioni
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